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Associazione Culturale "Il vizio del Pensiero"

Associazione Culturale "Il vizio del Pensiero"

( Chiedo scusa se parlo di Utopia… )

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TESTI

1 Gennaio 2007 by Gian Luigi Ago Leave a Comment

Album “Parole sante” di Ascanio Celestini (2007)

Ci stanno due palazzi.

Uno è il centro commerciale con la sua bella insegna, il tetto iperbolico e le vetrate lucide che lo fanno sembrare un autogrill da superstrada per Marte. L’altro, un parallelepipedo dritto pensato da qualche geometra con le coliche è il call center. Uno è fatto per essere guardato e infatti lo vedono tutti. L’altro è invisibile un po’ perché non fa piacere vederlo, un po’ perché il gemello sgargiante che gli sta accanto si prende tutta l’attenzione. Però si fa sentire. Ci parli al telefono quando ti chiama a casa per venderti un aspirapolvere o un nuovo piano tariffario. Ci parli quando chiami il numero verde scritto sull’etichetta di una bevanda gassata o un assorbente interno. Accanto ai gemelli di cemento armato ci passa la strada e intorno ci sta la borgata. Affianco alla borgata ci sta la città, o forse è il contrario. E in mezzo ci si muove il popolo.

Il popolo che è un bambino.

Si arrabbia per le ingiustizie, si commuove davanti al dolore, si illude e si innamora. Poi spenge la televisione e va a dormire sereno. Il popolo lavora, guadagna e spende. L’hanno convinto che l’economia funziona così. Bisogna far girare la ruota. Ma poi tra i neon del centro commerciale e i telefoni del call center qualcuno smette di girare. Forse è solo il bruco che esce dal buco, il cadavere che prova a resuscitarsi da solo. Forse è il ladro e si rende conto che non basta rubare ai ladri per pareggiare i conti. E infatti è un collettivo di lavoratori, ma è anche un pezzo di popolo. Christian dice “abbiamo incominciato perché non avevamo niente da perdere”. Maurizio dice “quel posto è come il Titanic. Il transatlantico affonda e i passeggeri fanno finta di niente. Ma noi non affonderemo cantando”.

Parole sante!

La rivoluzione

Visto e considerato che non ne potevano più della loro malasorte

incominciarono ad aggirarsi come s’aggirò quel famoso spettro per l’Europa

tutti evidentemente erano dei disgraziati

ma ciascuno lo era in maniera differente

perché la disgrazia colpisce i miseri, ma con incredibile fantasia nella sorte.

Infatti c’era quello che aveva perso la casa

Insieme a quello che più semplicemente aveva perso le chiavi di casa,

c’era quello che aveva perso la memoria

e mò non si ricordava manco più che cos’è che si era perso

c’era quello che aveva perso la ragione

e insieme alla ragione aveva perso anche il torto

e infine c’era quello che aveva perso tempo

e mò non c’aveva più tanto tempo da perdere

e difatti fu lui che disse: “Attenzione

Tra cinque minuti comincia la rivoluzione!”

nel mentre che s’aggiravano

come s’aggira quel famoso spettro per l’Europa,

si trovarono a passare sotto le finestre di quelli che una volta dicevano Avanti Popolo

e dicevano Avanti Popolo perché mandavano sempre davanti il popolo

e loro rimanevano indietro, magari d’un passo magari d’un metro

perché loro ad andare davanti gli veniva da ridere.

e con le lacrime agli occhi e la morte nel cuore

videro lo scompiglio nelle forze dell’ordine

che mò non erano più né tanto forti né tantomeno ordinate

infatti erano scappati via i generali, tenenti, sottotenenti, nullatenenti,

perfino i Pompieri di Viggiù da qualche minuto non c’erano più

erano velocemente scomparsi i gagliardi soldati

che ringhiavano mostravano i denti

per strada c’era soltanto qualche brigadiere in pensione che mostrava la dentiera

ma è risaputo che anche i militari sdentati capiscono bene ne come va la situazione

e si dicono sottovoce

“Tra cinque minuti comincia la rivoluzione”

Il capo dei capi della polizia e di tutti quanti gli eserciti riuniti

stava guardando in televisione

un programma sui gamberi in salsa rosa

quando ci fu una spiacevole interruzione

il giornalista autorizzato dalla redazione disse che il quiz del sabato sera,

il tirassegno sul negro che passa la frontiera,

il telegiornale di Paperino,

il Grande Fratello con suo cugino

e le olimpiadi di mazza fionda non sarebbero più andati in onda

disse “ è saltata è la programmazione

Perché tra cinque minuti comincia la rivoluzione!”

Cosi il capo dei capi della polizia e di tutti quanti gli eserciti riuniti

per la prima volta durante la sua lunga carriera

si sentì di essere la persona sbagliata nel posto peggiore,

lui che per tutta la vita era sempre stato cosi tanto sicuro di sé,

che le parole gli stavano in bocca come famosi quadri dentro ad un museo,

adesso invece si vergognava che in una giornata cosi piena di sole

sporcasse il muro con la sua ombra.

quelli che s’aggiravano come lo spettro si aggira per l’Europa

si fermarono in silenzio poi incominciarono a fare il conto all’incontrario

come la notte di capodanno

e dissero meno 5, 4, 3, 2, 1

con un po’ di emozione

gentili signori comincia la rivoluzione!

Il popolo è un bambino_1

Il popolo è un bambino.

Non ci capisce niente di politica.

Se tu gli parli di rivoluzione e lo fai seriamente finisce che il popolo la fa per davvero la rivoluzione.

Allora bisogna fare come ha fatto il partito comunista.

La rivoluzione gliel’ha fatta vedere da lontano al popolo come una ballerina della televisione.

Il popolo è un bambino e gli piace guardare le ballerine.

I maschietti si guardano la televisione perché gli piace il culo delle ballerine.

E le femminucce si guardano la televisione perché vorrebbero averci il culo come quello delle ballerine che piacciono tanto ai maschietti.

Tutti guardano il culo in Tv.

Ma sia le femminucce che i maschietti sanno che la televisione è un elettrodomestico.

Che quel culo esiste solo là dentro.

Si guardano intorno e la realtà è che si ritrovano sul divanetto del loro appartamento senza culi e senza balletti.

Ma sono contenti lo stesso. Sono contenti perché tutte le volte che ri-accenderanno il televisore ci avranno un culo in diretta pronto per essere guardato.

E non importa che sia finto come la favola di cenerentola.

Importa solo che dopo il culo in diretta si vada a letto sereni.

AI popolo gli piace la rivoluzione, ma gliela devi mostrare come il culo delle ballerine.

Come una cosa bella e impossibile.

Gliela devi raccontare come una favola.

Il mondo dei bruchi

Nel mondo dei leoni viviamo da padroni

nella savana

che è vasta, è pianura,

è quasi padana

se vedo la preda

l’acchiappo e l’ammazzo

me ne mangio un pezzo

il resto lo porto

dentro alla tana

nel mondo dei leoni viviamo da padroni

nel mondo dei bruchi

invece nel mondo dei bruchi viviamo nei buchi

nel mondo dei pesci stai bene e non esci

tu pensi a nuotare nell’acqua del mare

lì fuori c’è gente

non te ne frega niente

perché là di fuori

son solo dolori

nel mondo dei pesci stai bene e non esci

nel mondo dei bruchi

invece nel mondo dei bruchi viviamo nei buchi

nel mondo dei gatti ti stiri e ti gratti

arriva il padrone

fai il gatto sornione

e trovi una scusa

per fargli le fusa

fai tutta una scena e lui porta la cena

e quando è distratto gli rubi anche il letto

nel mondo dei gatti ti stiri e ti gratti

nel mondo dei bruchi

invece nel mondo dei bruchi viviamo nei buchi

nel mondo del bruco

arriva quel giorno

che esco dal buco

che mi guardo attorno

il cielo stellato

il buio l’immenso

davanti al creato

ma poi ci ripenso

ripenso ai pesci, stai bene e non esci

e ripenso ai gatti, ti stiri e ti gratti

ripenso ai leoni che sono i padroni

e penso e ripenso

che io sono il bruco

e torno nel buco

perché nel mondo dei bruchi

nel mondo dei bruchi viviamo nei buchi

Cadaveri vivi

C’è stato un tempo in cui

noi eravamo cadaveri vivi

c’è stato un tempo in cui

vivevamo nei cimiteri al fosforo

camposanti di lusso

con connessione veloce alla rete

c’è stato un tempo in cui

frequentavamo solo funerali

dietro alle bare degli eroi morti in guerra

pomiciavamo con le veline

c’è stato un tempo in cui

il tempo non era né bello né brutto

c’è stato un tempo in cui

tutto era lutto

ma poi c’è stato il tempo in cui

noi siamo risorti

dal nostro ossario di ossi di seppia

dove eravamo pasto per gli uccelli

e pure i pigri e i distratti ci hanno visto a noi

noi siamo i froci, siamo gli ebrei, palestinesi dell’intifada

siamo i barboni lungo la strada, siamo le zecche comuniste

noi siamo anarchici, noi siamo spastici, noi siamo quelli col cesso a parte

noi siamo brutti, sporchi ma buoni, che detto in sintesi significa coglioni

noi siamo i negri, meridionali,

siamo gli autonomi dei centri sociali

siamo l’elogio della pazzia

siamo un errore di ortografia

noi siamo i punti dopo le virgole

siamo drogati, zingari e zoccole

c’è stato un tempo in cui

noi eravamo cadaveri vivi

c’è stato un tempo in cui

noi correvamo sempre

restare fermi era vietato

persino i sassi erano in divieto di sosta

sua santità Babbo Natale

era ancora vestito di bianco e di rosso

c’è stato un tempo in cui

c’aveva renne di lusso

ai padroni portava regali

ai servi carbone

ma poi c’è stato il tempo in cui noi siamo risorti

dall’happy hour del megaraduno delle indulgenze

e i vampiri del sangue del santo ci hanno visto a noi

noi siamo i froci…

c’è stato un tempo in cui

noi eravamo cadaveri vivi

e la camorra e la mafia

erano il meglio del made in italy

avevano ottenuto dal ministero

una certificazione di qualità

criminalità organizzata

però d’origine controllata

c’è stato un tempo in cui

noi eravamo picciotti

ma poi è arrivato il tempo in cui noi siamo risorti

dalla tranquillità del mare dove eravamo rugginosi relitti

e pure i tristi giornalisti fascisti ci hanno visto a noi

noi siamo i froci…

Il popolo è un bambino_2

Il popolo è un bambino.

Vuole sempre avere ragione.

Allora chi governa il popolo gli deve dire che “gli altri c’hanno sempre torto.

Gli altri sono atei miscredenti, pervertiti omosessuali, zozzi meridionali, negri puzzolenti…eccetera.

..insomma: relativisti”.

Allora il popolo è contento.

Perché il popola è un bambino e come tutti i bambini gli piace giocare.

Nei giochi dei bambini c’è sempre uno che vince e un altro che perde.

Per questo che al popolo gli piace tanto il calcio.

Il popolo lo sa che il calcio vero non è quello dei campetti, delle partitelle.

Il popolo lo sa che al calcio vero non ci può giocare.

Che il vero calcio se lo può soltanto guardare in televisione.

Allora il popolo si mette seduto e guarda.

Il popolo strilla, si agita, si stanca come un bambino.

E quando arriva la sera si addormenta subito. È buono buono il popolo, è una pecorella.

Il popolo lo sa che la vita è come una partita di calcio in televisione, come la finale dei mondiali: tutto il mondo la guarda, ma poi la palla se la giocano solo due squadre.

Bello il calcio! Bella la vita!

Solo pochi se la godono, ma tutti gli altri possono fare il tifo.

Poveri partigiani

Poveri partigiani

portati in processione

nei telegiornali

alla televisione

sopravvissuti un tempo

alle fosse comuni

ma seppelliti in questo tempo

dall’informazione.

Sfilano il 25 aprile

con le medaglie appese alle bandiere

accanto alle mogli dei sottosegretari

appena uscite dal parrucchiere.

dicono a mezza voce

“viva la costituzione

ma adesso è tardi, mi chiude la posta, devo prendere la pensione”

Poveri deportati

che mostrano la matricola alle telecamere

tra una pubblicità e l’altra,

il tetro tatuaggio.

Questo sterminio

vi è gentilmente offerto

da una bibita gassata

e da un famoso formaggio.

Poveri nomi e cognomi

dei caduti di tutte le guerre

che stanno sempre sulla bocca

degli onorevoli politici.

Con tutti quei morti in bocca

avranno sicuramente un alito pesante.

La loro lingua e’ un camposanto

dove resuscitano ogni tanto.

Poveri morti di Nassirya

che forse ci credevano davvero

chi muore muore con onore

chi sopravvive vive nel dolore.

Povero Nicola Calipari

che gli hanno pure intitolato un’isola pedonale

sarà contenta la moglie che ha sposato

una zona a traffico limitato.

Poveri parenti degli eroi,

che almeno per un giorno

sono stati eroi anche loro

nei funerali in mondovisione

ma appena il giorno dopo,

erano morti anche loro

erano morti

che ricordavano altri morti.

Ma voi:

Ricordate i morti ma ricordateli vivi!

Ricordate i morti ma ricordateli vivi!

Ricordate i morti ma ricordateli vivi!

Ricordate i morti ma ricordateli vivi!

Ricordate i morti ma ricordateli vivi!

Noi siamo gli asini

Noi siamo una testa senza giudizio

Siamo una scimmia senza cervello

Siamo la fine senza l’inizio

Siamo il becco, ma senza l’uccello

Siamo una guerra senza armistizio

Siamo la falce senza il martello

Siamo la chiave senza la porta

Siamo una bella natura morta

Noi siamo gli asini

Noi siamo i matti del manicomio

Siamo buffoni siamo pagliacci

Siamo vestiti di pezze e di stracci

Siamo pagliacci siamo buffoni

Col cazzo fuori dai pantaloni

Facciamo ridere tutta la gente

Ci abbiamo in bocca soltanto un dente

Ma se facciamo troppo casino

Ci attacchiamo subito alla corrente

Noi ci mangiamo la terra e i sassi

Nel giardino a angolo retto

Inciampiamo sui nostri passi

Quando fa buio torniamo a letto

Per fare in fretta la nostra cena

Per non avere troppi pensieri

Ce la servono in endovena

Le suore, i medici e gli infermieri

Noi siamo gli asini

Noi siamo i matti del manicomio

Per chi ha bisogno di santi e di eroi

Chi cerca un briciolo di poesia

Venga pure a guardare noi

Che sfiliamo lungo la via

Ci guarderete con interesse

Come uno squalo dentro a una vasca

L’ultimo mulo che tira il calesse

La stella cadente che adesso casca

Ci alterniamo coi nani e le zoccole

L’orso che tiene sul naso una palla

Il leone che mangia le vongole

La scimmietta sopra la spalla

Noi siamo quelli pieni di caccole

Che con il moccolo fanno la bolla

Pure se siamo poveri cristi

Facciamo coppia col bue nella stalla

Perchè siamo gli asini

Noi siamo i matti del manicomio

Però ce l’abbiamo una folle idea

Che forse forse vi sembrerà strana

Cacare sui vostri mobili Ikea

Sui vestitini di Dolce e Gabbana

Sugli onorevoli sempre corrotti

Che non finiscono mai in galera

Sulla gobba di Andreotti

Sui telequiz del sabato sera

Sulle preghiere dei bigotti

Sulla triste camicia nera

Sulle combriccole dei salotti

Sulla retorica della bandiera

Noi siamo storpi, noi siamo brutti

Siamo discarica, siamo il vizio

Noi siamo l’odio contro voi tutti

Siamo vecchi pure per l’ospizio

Noi siamo gli asini

Noi siamo i matti del manicomio

Voi perdonate se troppo sgarbata

Ci venne fuori questa canzone

Ma per trovare la rima baciata

Ci lavorò tutto il padiglione

Il padiglione che verso quell’ora

Si deve bere la camomilla

Che ce la porta la vecchia suora

Prima di chiuderci nella stalla

Noi siamo gli asini

Noi siamo i matti del manicomio

Noi siamo gli asini

Noi siamo i mani del matticomio

La casa del ladro

Così entro di nascosto come un ladro nella casa del ladro

Mi guardo intorno nella casa del ladro è tutto rubato

Pure l’aria che adesso respiro con il fiato corto

è frutto di un furto.

Quando un ladro trova un ladro dentro casa non è mica contento

E difatti quel ladro mi vede e mi dice: “stai attento”

lui mi dice: “guardami bene, io non sono ladro soltanto,

io sono il padrone.”

Non sappia l’occhio destro

quel che guarda il sinistro

taccia la bocca memore di quel che ha visto

che io mi muovo adesso

prima che sia mattino

nessuno spia il mio passo sotto il cielo turchino.

Ma io dico che suonare un sonaglio davanti a un serpente

io dico che pure il serpente, pure quello, si pente

e capisce che sputare veleno per tutta una vita

non gli è servito a niente.

Ma il padrone è una cosa diversa, è uno strano serpente

il padrone è una cosa diversa, è una bestia curiosa

lui comincia succhiando il latte da quando è bambino

ma poi succhia ogni cosa.

Non sappia l’occhio destro…

E difatti alla fine il padrone è una specie di ladro

solo che quando ruba il padrone non è mica reato

e anche quando che viene arrestato il suo alibi regge

perchè lui è la Legge.

Così entro di nascosto come un ladro nella casa del ladro

E quel ladro mi dice che lui non è un ladro soltanto

“Ma neanch’io sono un ladro” gli dico e così mi avvicino

“Io sono un assassino”

E così sotto il cielo turchino c’è un padrone di meno.

Non sappia l’occhio destro…

Il popolo è un bambino_3

Il popolo è un bambino.

Se gli rubi le caramelle il bambino si arrabbia.

Ma se gliele metti in vetrina quello se le compra subito.

Allora tu che sei più furbo del popolo gliele fai pagare il doppio di quello che valgono.

Così per ogni caramella che si compra una gliela vendi e un’altra gliela rubi.

Se metti le mani in tasca al popolo sei un ladro,

ma se è il popolo che si viene a svuotare le tasche da te è solo una legge di mercato.

Il popolo è un bambino, gli piace comprare le caramelle.

Poi magari se le porta a casa e manco se le mangia.

Magari le butta al secchio, magari.

Perché ai bambini gli piace comprare comprare comprare.

Allora tu che sei più adulto del popolo gli vendi tutto.

Il popolo vuole mangiare? E tu gli vendi le porcherie fino a farlo scoppiare.

Il popolo vuole le canzonette? E tu gli vendi qualche chilo di ritornelli da canticchiare sotto la doccia.

Il popolo vuole gli ideali? E tu gli vendi anche quelli.

Poi magari li porta a casa e non ci crede più.

Magari li butta al secchio.

Meglio! Meglio…

Così torna subito al supermercato a comprarsi le caramelle.

La morte del disertore

Se io fossi morto io non potrei

fermarmi al semaforo rosso

se fosse verde non ripartirei

direi “sono morto, mi dispiace, non posso”

se io fossi morto io non potrei

pagare il conto al ristorante

se io fossi morto io non potrei

vestirmi sudicio vestirmi elegante

se io fossi morto io non potrei

essere un gentile cliente

se io fossi morto non sarei molto

se io fossi morto non sarei niente

se io fossi morto io non potrei

restare in bilico e poi cadere

se io fossi morto io non starei

seduto comodo sul mio sedere

soffiarmi il naso in mezzo alla faccia

a grattarmi i diti in fondo alle braccia

se io fossi morto io non potrei

seguire le masse

pagare le tasse

se io fossi morto io non sarei

un elettore un contribuente

se io fossi morto non sarei molto

se io fossi morto non sarei niente

se fossi morto io non potrei

piangere sul latte versato

se fossi morto io non potrei

sputare nel piatto in cui ho mangiato

se fossi morto io non potrei

guardare in bocca al caval donato

se fossi morto io non potrei

veder piovere sul bagnato

se fossi morto io non potrei

sapere che buon sangue non mente

se io fossi morto non sarei molto

se io fossi morto non sarei niente

se fossi morto io non potrei

alimentare le mie illusioni

se fossi morto io non vedrei

i morti accatastati come mattoni

e benedetti a reti unificate

dai loro stessi assassini

il cuore stitico spesso produce

una diarrea di parole

se io fossi morto per fargli torto

io puzzerei in modo irriverente

se io fossi morto non sarei molto

se io fossi morto non sarei niente

se fossi morto io non potrei

scegliere dove farmi seppellire

preferirei lassù in montagna

sotto l’ombra del famoso fiore

e tutti quelli che passeranno

e diranno oggi è morto un disertore

che non si dica che sono crepato

per dio, la patria o la ragion di stato

io morirei più semplicemente

come un pacifico nullafacente

e poi da morto non sarei più molto

e poi da morto non sarei più niente

pure noi giocavamo alla guerra

pure noi con le frecce e con l’arco

pure noi strillavamo “t’ammazzo!”

Però noi morivamo per scherzo

L’amore stupisce

L’amore no non è possibile

nel mondo fragile dei fiori

quando finisce il giorno

ti dice “ritorno”,

ma tu resti fuori

l’amore no non è possibile

nel mondo fragile dei fiori

il petalo appassisce

il profumo svanisce

l’amor se ne va

perché l’amore stupisce

tu non capisci e lui ti colpisce

perché l’amore inquina

è come una multi-nazionale in Cina

perché l’amore è un segreto,

ma io non ve lo dirò.

Perché l’amore è un segreto

ed essendo un segreto io no lo so.

L’amore no non è possibile

nel mondo critico dei liquidi

per stare un poco insieme

per fare una famiglia

ci vuole la bottiglia

l’amore no non è possibile

nel mondo critico dei liquidi

il sole è una dannazione

con l’evaporazione

l’amore se ne va

perché l’amore stupisce…

l’amore no non è possibile

nell’universo della fogna

c’ho tutti i miei parenti

in mezzo agli escrementi

il più pulito c’ha la rogna

l’amore no non è possibile

nell’universo della fogna

pure il più bello di natura

fa schifo e fa paura

l’amore se ne va

perché l’amore stupisce…

forse l’amor, forse è possibile

tra innamorati cardiopatici

un bacio sulla bocca

il cuore scoppia

l’amore resta eterno

la vita se ne va

perché l’amore stupisce…

Parole sante

Verrà quel giorno

il giorno è venuto

che ricorderemo

i precari del lavoro

come alla Liberazione

con i fiori e le bandiere

i caduti della guerra

nel conflitto mondiale

Maurizio: non riconfermato

Mara: non firma la conciliazione

Alessandra: non firma la conciliazione

Christian: non firma la conciliazione

Valerio: licenziato

Cecilia: non riconfermata, con invalidità ancora non riconosciuta

Emanuela: non riconfermata

Andrea: rinuncia dopo essere finito in ospedale

Jimmy: non riconfermato

Salvatore: licenziato

tutti gli altri: stoppati, licenziati, non riassunti

ave ave ave ave

avevamo versato il sangue

per una Repubblica fondata sul lavoro

lode lode lode lode

lo deve sapere il popolo che ha perso dignità e diritti

per un piatto di lenticchie

verrà quel giorno

il giorno è venuto

che le parole

usciranno dai denti

e ricorderemo

i giorni delle barricate

come in quinta elementare

le date del Risorgimento

2005

Marzo: prima assemblea spontanea e nascita del collettivo PrecariAtesia.

Maggio: primo sciopero con adesione del 90%.

Luglio: licenziamento di 4 lavoratori

Pochi giorni dopo: presentazione dell’esposto all’ufficio provinciale del lavoro.

2006

Maggio: non riassunti 400 lavoratori.

Agosto: l’ispezione dice che i precari devono essere tutti assunti.

Autunno: articolo 178 della finanziaria e condono per le aziende.

2007

Inverno: il collettivo non accetta di firmare la conciliazione.

Tutti costretti a uscire, a rinunciare al lavoro

in estate arrivano gli avvisi di garanzia per i membri del Collettivo.

ave ave ave ave…

Verrà quel giorno

il giorno è venuto

che siamo stati

tutti quanti licenziati

non abbiamo mangiato

questo piatto di lenticchie

non siamo mica il Titanic

non affonderemo cantando

Parole Sante! Parole Sante! Parole Sante!

ave ave ave ave…..

Il popolo è un bambino_4

Il popolo è un bambino.

Fa tante domande e tu non gli

puoi dire la verità

sennò quello ti mette in difficoltà.

Per esempio io c’ho un figlio, si chiama Robertino Casoria, è il peggiore della classe.

Mi ha detto “papà cosa sono i terroristi?”

lo gli ho voluto dire la verità, gli ho detto: “Ti ricordi quando eri bambino? A Natale ti ho detto che sarebbe arrivato Babbo Natale.

Tu eri un bambino intelligente o non ci hai creduto.

Ma poi la notte io sono andato a mettere i regali sotto l’albero e la mattina appresso quando li hai visti hai incominciato a credere che li aveva portati Babbo Natale. Hai pensato che se c’è il regalo significava che c’è anche il barbone che lo porta con le slitte, con le renne.

E invece ero sempre io.

E i terroristi sono la stessa cosa. Qualcuno ti dice che ci sono i terroristi e tu non ci credi.

Poi scoppia ‘na bomba, crollano un paio di grattacieli

e tutti pensano che se c’è l’attentato significa che ci stanno anche i terroristi che l’hanno fatto…

ma è tutta una bugia, è sempre papà che zitto zitto di notte fa scoppiare le bombe e poi da’ la colpa ai terroristi” .

E mio figlio mi fa:

“l’amico mio Pancotti Maurizio – ché Robertino frequenta

un bambino ciccione che è insopportabile e secondo me è pure un po’ deficiente – m’ha detto “­Pancotti Maurizio dice che questa cosa si chiama strategia della tensione!”

Allora io gli ho risposto “l’amico tuo Pancotti Maurizio è comunista!

E lo sai perché è così ciccione? Perché i comunisti si mangiano i bambini. Stai attento quando vai a fare la merenda da lui perché ti si mangia!”

E mio figlio Robertino ha cominciato a tremare.

Per una settimana non è più uscito di casa.

Gli ho fatto fare tutto quello che volevo, gli dicevo “lava la macchina! Metti a posto la stanzetta! Portami le ciabatte!”, lui mi ubbidiva come un cagnolino. Perché si governa con la paura.

E il popolo è uguale.

Il popolo è un bambino.

Se vuoi che non si perda nel bosco gli devi dire che c’è il lupo cattivo, l’uomo nero!

I terroristi, l’arabi col barbone, i pirati della Malesia. Ogni tanto insomma bisogna cambiare, fare la rotazione.

Il diavolo, gli zombie, il mostro di Loch Ness, il bocio, i marziani, i fantasmi.

Il popolo è un bambino.

Se gli metti paura ti porta le ciabatte, ti lava la macchina.

Il popolo è un bambino.

Se gli metti paura ti ubbidisce subito.

Filed Under: Buttare lì Qualcosa, Testi

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