PIER PAOLO PASOLINI
La morte non è nel
non poter comunicare
ma nel non poter
più essere compresi
Adulto?
Mai – mai, come l’esistenza che non matura – resta sempre acerba di splendido
giorno in splendido giorno – io non posso che restare
fedele alla stupenda monotonia del mistero.
Ecco perché, nella felicità, non mi sono mai abbandonato – ecco perché nell’ansia delle mie colpe non ho mai provato un rimorso vero. Pari, sempre pari con l’inespresso, all’origine di quello che io sono.
A me
In questo mondo colpevole, che solo compra e disprezza,
il più colpevole son io, inaridito dall’amarezza.
Supplica a mia madre
È difficile dire con parole di figlio
ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.
Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,
ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore.
Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.
Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data.
E non voglio esser solo.
Ho un’infinita fame
d’amore, dell’amore di corpi senza anima.
Perché l’anima è in te, ma tu
sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:
ho passato l’infanzia schiavo di questo senso
alto, irrimediabile, di un impegno immenso.
Era l’unico modo per sentire la vita,
l’unica tinta, l’unica forma: ora è finita.
Sopravviviamo: ed è la confusione
di una vita rinata fuori dalla ragione.
Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile
Comunicato all’Ansa (Un cane)
Ahi, cane, fermo sul ciglio della via Predestina
che si guarda di qua e di là prima di attraversare la strada.
Non ha nulla da ridire: accetta tutto.
Non ha dignità da difendere, a causa della sua bontà.
Ecco quindi la mia conclusione;
la rassegnazione non ha niente da invidiare all’eroismo.
Bisogna condannare
severamente chi
creda nei buoni sentimenti
e nell’innocenza.
Bisogna condannare
altrettanto severamente chi
ami il sottoproletariato
privo di coscienza di classe.
Bisogna condannare
con la massima severità
chi ascolti in sé e esprima
i sentimenti oscuri e scandalosi.
Queste parole di condanna
hanno cominciato a risuonare
nel cuore degli Anni Cinquanta
e hanno continuato fino a oggi.
Frattanto l’innocenza,
che effettivamente c’era,
ha cominciato a perdersi
in corruzioni, abiure e nevrosi.
Frattanto il sottoproletariato,
che effettivamente esisteva,
ha finito col diventare
una riserva della piccola borghesia.
Frattanto i sentimenti
ch’erano per loro natura oscuri
sono stati investiti
nel rimpianto delle occasioni perdute.
Naturalmente, chi condannava
non si è accorto di tutto ciò:
egli continua a ridere dell’innocenza,
a disinteressarsi del sottoproletariato
e a dichiarare i sentimenti reazionari.
Continua a andare da casa
all’ufficio, dall’ufficio a casa,
oppure a insegnare letteratura:
è felice del progressismo
che gli fa sembrare sacrosanto
il dover insegnare al domestici
l’alfabeto delle scuole borghesi.
È felice del laicismo
per cui è più che naturale
che i poveri abbiano casa
macchina e tutto il resto.
È felice della razionalità
che gli fa praticare un antifascismo
gratificante ed eletto,
e soprattutto molto popolare.
Che tutto questo sia banale
non gli passa neanche per la testa:
infatti, che sia così o che non sia così,
a lui non viene in tasca niente.
Parla, qui, un misero e impotente Socrate
che sa pensare e non filosofare,
il quale ha tuttavia l’orgoglio
non solo d’essere intenditore
(il più esposto e negletto)
dei cambiamenti storici, ma anche
di esserne direttamente
e disperatamente interessato.
“lo non ho alle mie spalle nessuna autorevolezza: se non quella che mi proviene paradossalmente dal non averla o dal non averla voluta; dall’essermi messo in condizione di non aver niente da perdere, e quindi di non esser fedele a nessun patto che non sia quello con un lettore che io del resto considero degno di ogni più scandalosa ricerca.”
“Forse qualche lettore troverà che dico delle cose banali. Ma chi è
scandalizzato è sempre banale. E io, purtroppo, sono scandalizzato.
Resta da vedere se, come tutti coloro che si scandalizzano (la banalità del loro linguaggio lo dimostra), ho torto, oppure se ci sono delle ragioni speciali che giustificano il mio scandalo.”
GIANNI D’ELIA
<<Che stanca litania di falso è il mondo,
valori di borsa e libera guerra,
e la pazzia delle fedi di fondo…>>
<<La parola e l’azione fanno terra
bruciata del sentire più profondo,
la propaganda e il nulla ci governa…>>
<<Si contempla il meccano del frattempo,
del genio applicato alla distruzione,
figlioccio feroce del Novecento…>>
<<Quel che ci resta è solo la passione,
contro dogma di morte o merce armata,
e pomeriggi interi di bel sole…>>
<<Nel sole antico, sì, nella sua luce,
che lambisce il crepaccio delle nubi
e vittoriosamente sbuca fuori…>>
<<Tra le stragi e il terrore di giornata,
l’Italia in Iraq, la bomba innescata,
che si fa nascosti in casa, trovatori?…>>
<<Non è ora che la pace torni in strada?…>>
<<Oh, tanto è tale il clamore dei morti,
che senza fogli nella nostra stanza,
versi mandiamo vociando d’amore
in franca lingua e dolor di romanza…>>
(Congedo, da “I Trovatori”, 2007)
O questa mostra gente
che tutto sa di niente,
questa grandeur abbiente
abominevolmente…
O quelli che dai mattoni
edificano le teste,
e con le televisioni, palloni
le idiotizzano in resse…
O questa nuova gente
in ascesa da oscuri
poteri innominati, spuri
dello spreco affluente…
( da “Notte privata”, 1993)
LOUIS-FERDINAND CELINE
C’est peut-etre ça qu’on cherche à travers la vie, rien que cela, le plus grand chagrin possible pour devenir soimeme avant de mourir…
E’ forse questo che si cerca nella vita, nient’altro che questo,la pena piu’ grande per diventare se stessi prima di morire…
JORGE LUIS BORGES
Sigue la duda y la penombra crece.
Si supera qué ha sido de aquel sueno
que he sonado, o que sueno haber sonado,
sabria todas las cosas
Continua il dubbio e la penombra cresce.
Se sapessi che è stato di quel sogno
che sognai, o che sogno aver sognato,
saprei tutte le cose
EUGENIO MONTALE
Ho tanta fede in me senza saperlo
perché in ogni rottame della vita di qui
è un trabocchetto di
cui nulla sappiamo
ed era forse in attesa di noi spersi
e incapaci di dargli un senso.
Ho tanta fede che mi brucia;
certo chi mi vedrà dirà
è un uomo di cenere
senz’accorgersi ch’era una rinascita.
LIDIA RAVERA
Niente è banale per chi non è banale.
Non c’è ripetizione per chi riesce a crescere ogni giorno,
per chi non si accontenta di se stesso e, instancabile, ritocca,
corregge, amplia, mette a punto, azzarda, scopre.
Bisogna essere irrequieti…
Bisogna viverlo con un certo fervore il tempo,
come fosse tutto utile, tutto buono, tutto necessario…
Essere esigenti:con se stessi, con gli altri.
Essere a disagio, sentirsi strani, sentirsi diversi.
Sentire l’ingiustizia, come un fastidio, come un impedimento all’armonia.
Sentire il privilegio quasi come un peso, un obbligo ad acquisire meriti.
Felici e scontenti. Scontenti anche di essere felici.
Credo ancora, con consapevole tensione, nella parabola dei talenti.
Credo che il privilegio obblighi a qualcosa.
Credo che non possa vantare diritti chi non si dà doveri…
Ma non è l’ambizione l’antidoto all’immobilità,
al pensar corto per paura che troppo rapidamente tutto scorra
e ti possa travolgere.
L’antidoto più sicuro è l’attenzione.
L’attenzione scompone il tempo in tanti singoli momenti,
e ad alcuni regala una magica durata,
ad altri la puntiforme felicità della visione.
Vivere attentamente è vivere al presente,
attrezzandosi contemporaneamente per il dopo…
Guardare fuori, guardarsi dentro…
Vedo la gente soffrire per questa foga di rallentare il tempo.
Vedo discriminati i vecchi.
Vedo i ragazzi acciambellati sotto il tetto paterno a ventinove anni,
come gatti di casa decrepiti,
senza voglia di dar la caccia ai topi o andar per tetti.
Vedo me stessa, mentre provo a distendere le rughe sotto gli occhi,
e te preoccupato di quello che ti aspetta.
Voglio dirti che non è brutto crescere.
Neppure nella tetra variante di invecchiare.
Non è brutto. Perdi di leggerezza, acquisti peso
Ma il peso è stabilizzante. Non è male.
E non viene necessariamente per nuocere.
Crescere è accumulare. E’ ricchezza.
E’ il succedersi delle esperienze.
Se si ricorda di non dimenticare le trafitture di delusioni o i dubbi,
è quell’arte meravigliosa di imparare che, fino alla fine,
può mantenerci umani, può spalancare i cancelli
che separano un’età dall’altra e rendono così dolorosi i passaggi…
Non c’è trucco. E’ come una disciplina quotidiana.
Cercare lo stupore…
Nessuno sa, di quelli che credono di sapere.
Tutto è ancora possibile…
FERNANDO PESSOA
Il poeta è un fingitore.
Finge così completamente
che arriva a fingere che è dolore il dolore che davvero sente.
E quanti leggono ciò che scrive,
nel dolore letto sentono proprio
non i due che egli ha provato,
ma solo quello che essi non hanno.
E così sui binari in tondo
Gira, illudendo la ragione,
questo trenino a molla
che si chiama cuore.
“Non sono niente.
Non sarò mai niente.
Non posso volere d’essere niente.
A parte questo, ho in me
I sogni del mondo
Se qualcuno un giorno bussa alla tua porta,
dicendo che è un mio emissario,
non credergli, anche se sono io;
ché il mio orgoglio vanitoso non ammette
neanche che si bussi
alla porta irreale del cielo.
Ma se, ovviamente, senza che tu senta
bussare, vai ad aprire la porta
e trovi qualcuno come in attesa
di bussare, medita un poco. Quello è
il mio emissario e me e ciò che
di disperato il mio orgoglio ammette.
Apri a chi non bussa alla tua porta.